Dopo che si è spiccato il volo verso una nuova vita, è normale guardare con la coda dell’occhio il luogo da dove siamo partiti.
Può succedere però che il nido che ci ha ospitato per tanto tempo reclami la sua importanza e ci condizioni nel proseguire il viaggio.
Mi capita spesso di sentire nel mio spazio online storie di vita all’estero che hanno come comune denominatore la difficoltà a fare i conti con le pressioni della famiglia.
“Quando torni?”
“Ci manchi”
“Abbiamo bisogno di te!”
“Si sente che non ci sei”
“Ci hai abbandonato”
“Questa è casa tua”
“Puoi trovare lavoro anche qui”
Queste frasi hanno un impatto emotivo forte, possono sollecitare colpa per essere andati via, dispiacere nel non essere presenti, rabbia perché ci sentiamo tirare indietro.
Quando siamo dall’altra parte del telefono oppure dello schermo in videochiamata e ascoltiamo i nostri genitori aprirsi in questo modo, è facile sentire un tonfo al cuore. Magari iniziamo a mettere in discussione la nostra scelta, oppure a sentirci più insicuri.
Ci sentiamo in dovere di esserci sempre, perché un “buon” figlio “deve” fare questo.
Inoltre, possiamo sentire una grande responsabilità per la loro felicità, pensando che solo noi possiamo fare la differenza nel farli stare bene.
Quindi in pratica facciamo i conti con il ruolo di figlio che abbiamo interiorizzato, e con le responsabilità di cui abbiamo deciso di prenderci carico.
Il rischio in tutto ciò, è che l’idea che ci siamo costruiti di figli diventi una gabbia con la quale limitiamo la nostra vita, e che portiamo in spalla carichi troppo pesanti.
Queste dinamiche tra genitori e figli hanno a che fare con quello che in psicoterapia si chiama processo di separazione-individuazione.
In poche parole è il processo di svincolo e di indipendenza rispetto alla famiglia.
Talvolta come abbiamo visto, questo diventa difficile, e si resta legati in relazioni familiari che lasciano poco spazio all’individualità -in cui i confini personali sono poco definiti- e in cui le energie di crescita restano bloccate.
Diventa quindi davvero importante allenare la consapevolezza e accorgerci di quando ci perdiamo nelle richieste della nostra famiglia, di quando ci dimentichiamo dei nostri bisogni e di quando smettiamo di incoraggiarci per il nostro futuro.
Per realizzare la nostra vita abbiamo bisogno del nostro spazio e del nostro tempo personale.
Se le nostre energie sono sempre rivolte verso di loro, sarà complicato utilizzarle per la nostra crescita.
Non è nostra la responsabilità rendere felici gli altri (sicuramente possiamo aiutarli e impegnarci nella relazione) ma solo loro possono agire per il proprio benessere.
Sempre allenandoci, è possibile imparare a ritrovare il nostro centro, a sostenerci nelle nostre decisioni, e a dare importanza a ciò che pensiamo.
Nel mio lavoro faccio anche questo, aiuto le persone mentre si legittimano ad essere adulti liberi, trovano il coraggio di fare le proprie scelte e costruiscono un equilibrio tra appartenenza e separazione.
Non farci trascinare dalle pressioni familiari richiede uno sforzo notevole, ma la ricompensa è la solida scoperta che siamo esseri capaci e in grado di plasmare la nostra vita, e la bellissima possibilità di realizzare nuove e più ricche versioni di noi stessi.
Un sorriso,
Giulia
