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Tristezza in espatrio e expat depression

Chiunque vive o ha vissuto all’estero ha sperimentato almeno una volta una profonda tristezza.

Magari legata al sentirsi soli e isolati, non capiti e distanti, inadeguati e scoraggiati, oppure insoddisfatti della vita in quel particolare momento.

A me sicuramente e’ successo e a te?

Ho deciso di scrivere questo post a inizio Gennaio perche’ questo tema esce piu’ spesso ed e’ piu’ sentito nel periodo invernale (anche se non solo), e poi, per offrirti la mia prospettiva (da chi la ascolta spesso in terapia).

Ultimamente mi e’ capitato di leggere online di “expat depression” e “expat blues” e mi piacerebbe partire da qui: esistono davvero oppure no?

La risposta breve e’ che in ambito clinico non ci sono diagnosi di questo tipo.

La risposta piu’ articolata invece e’ che queste sono due espressioni per descrivere un’esperienza moolto comune, ovvero il sentirsi molto giu’ all’estero (che si certo, puo’ anche essere cosi’ intenso da sfociare in depressione).

A partire dalla mia esperienza, ho constatato diversi motivi per cui possiamo vivere una grande tristezza in espatrio e li ho raggruppati in due livelli, macro e micro 🙂

A livello macro, possiamo sperimentare un umore molto basso per due fenomeni molto studiati (di cui parlo anche nel mio libro):

  • Lo shock culturale: nel trasferimento possiamo trovarci a vivere diverse fasi di adattamento (che possono durare anche molto tempo) tra cui quella in cui a causa della diversita’ ci sentiamo frustrati, arrabbiati e tristi. Siamo scontenti perche’ non riusciamo a sentirci a posto con noi e con cio’ che ci circonda.

  • Il lutto migratorio: cambiare Paese significa vivere delle perdite. Anche se poi riusciamo a mantenere dei collegamenti saldi, a livello emotivo spostarsi implica lasciare persone, luoghi e aspetti dell’identita’. Viviamo quindi un lutto che porta con se’ vissuti (anche) di tristezza.

A livello micro invece, ci sentiamo tristi perche’:

  • Il distacco dagli affetti attiva quello che in psicologia si chiama “sistema d’attaccamento“, che ci porta a soffrire se stiamo lontani.
  • Le ferite del passato (piu’ o meno consapevoli) tornano a galla, soprattutto quando siamo immersi nella solitudine.
  • Non abbiamo un buon rapporto con noi stessi e il nostro dialogo interno e’ caratterizzato da colpevolizzazioni e svalutazioni: ci trattiamo male e ovviamente poi dopo ci sentiamo tristi.
  • Stiamo vivendo una fase di transizione, di crisi o cambiamento in cui abbiamo interrotto delle relazioni oppure stiamo risistemando la nostra vita, e questa riorganizzazione sta portando una certa dose di tristezza.

Questi possono essere sei motivi per cui ci sentiamo tristi mentre viviamo la nostra vita all’estero.

Aggiungerei che anche il fattore ambientale gioca un ruolo importante, e se ti interessa trovi il post sulla relazione umore-carenza di luce nei paesi nordici qui.

E tu, hai rintracciato il tuo/i tuoi di motivi?

Te ne stai prendendo cura?

La tua tristezza merita di essere ascoltata💙

Come sempre mi trovi su info@giuliasalerno.com se vuoi raccontarmi le tue riflessioni 🙂

Un sorriso,

Giulia

Ps. Vuoi approfondire il tema della tristezza? Trovi un altro post qui dove parlo della funzione di questa emozione che tutti vorremmo scansare, ma che sotto sotto ci serve.

Pps. Pensi che questo post possa essere utile a qualcuno che conosci? Inviaglielo 🙂

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